Introduzione

Mi sono appassionato al cinema fin dai primi anni di età e, immediatamente, mi sono innamorato dell’iconografia cinematografica (poster, biglietti e colonne sonore). Probabilmente tutto risale ad un episodio successo in terza elementare quando, sugli scaffali della Renton Public Library, trovai le colonne sonore di “Cabaret” e “A Clockwork Orange” (Arancia Meccanica), film di cui, all’epoca, non sapevo nulla. Rimasi talmente colpito dalle copertine dei dischi che decisi di prenderli a prestito e scoprii così una musica incredibilmente affascinante, incantevole e misteriosa. Per quanto riguarda “A clockwork Orange” ne ero attratto da diversi punti di vista: la musica, l’arte stilizzata del poster, il titolo insolito, i caratteri grafici....ma dato che ero solo in terza elementare non avevo nessuna idea della trama del film. Ciononostante scovai il poster del film e lo appesi in camera mia. Ripensandoci ora sono alquanto sbalordito che i miei genitori mi lasciarono appendere un poster in camera (avevo sette anni!) con questo slogan: “Le avventure di un giovane i cui principali interessi sono stupro, violenza estrema e Beethoven.” Anzi non dissero mai nulla a tale proposito.

Nonostante avessi il poster e la colonna sonora di “A Clockwork Orange” in terza elementare, lessi il libro in prima media (e subito scoprii che ero più maturo dei miei coetanei) e finalmente vidi il film in seconda liceo, tutto questo prima dell’avvento del videoregistratore quando cioè si doveva aspettate che un buon film arrivasse nelle sale del cinema di zona.

Comunque, poiché vidi “A Clockwork Orange” quando ero già adolescente, devo riconoscere che il primo film che amai fu “Earthquake” (Terremoto). La prima volta lo vidi a nove anni, poi lo rividi altre quattro volte prima che venne tolto dal Renton Village Cinema dove veniva proiettato in “Surround”. Capii il significato del dilemma morale quando Charlton Heston (cercando di salvare la moglie che stava per essere risucchiata dalle fogne di Los Angeles, colpita dal disastro) dovette scegliere tra l’attraente e giovane Genevieve Bujold e la moglie arpia ed alcolizzata interpretata da Ava Gardner, la quale, tutta sporca, si agitava scompostamente nel letame. Naturalmente la sua decisione non mi infastidiva tanto quanto il fatto che Lorne Greene (58) recitasse la parte del padre di Ava Gardner (52) e il suocero di Heston (50).

Decisi che dovevo avere anche il poster di quel film.

 

Quando “The Towering Inferno” (Inferno di cristallo) venne distribuito l’anno successivo, nel 1974, capitò qualcosa di inaspettato. Sebbene inizialmente fossi molto eccitato poiché si trattava di un film catastrofico alla fine uscii dalla sala non solo apprezzando la capacità di saper raccontare una storia con personaggi particolarmente complessi ma anche appassionandomi di architettura. Mi misi subito a costruire un grattacielo con i Lego (dopo aver visto il film ero anche fissato con gli elicotteri Bell e difatti ne comprai uno a modellino). Ancora oggi ho una grande passione per l’architettura che risale quasi certamente a questo film. Se avessi avuto una mente più matematica e portata all’ingegneria sarei diventato un architetto ma, come scrittore, sono sempre attratto dai testi dove si da grande risonanza alla “architettura” del testo (e.g. James Joyce, William Faulkner, Italo Calvino, Alasdair Gray).

Appesi anche questo poster sul muro di camera mia.

E poi vidi “American Graffiti” che fu il primo film che mi conquistò totalmente , sul piano artistico, emotivo, stilistico e musicale. Nel 1975 a 11 anni comprai la colonna sonora che fu, in realtà, il mio primo vero album. Lo sentivo mille volte al giorno, poiché la musica mi sembrava molto più esotica rispetto a quella che si sentiva per radio a quei tempi. Quale miglior corso accelerato di pop music può avere un ragazzino di 11 anni? Subito dopo cominciai a prendere in prestito, dalla biblioteca della scuola, libri sui Fats, Domino e Buddy Holly e, ancora una volta, non avevo nessuno con cui condividere questi interessi. Andai poi a importunare il gestore del Lewis & Clark Theatre per ben sei mesi affinché mi desse il poster del film che finalmente riuscii ad ottenere quando il film venne tolto dalla sala. Nonostante il mio grande amore per “Star Wars” (Guerre Stellari) ancora oggi credo che “American Graffiti” sia superiore a  tutti i film di quella serie messi insieme.

I film diventarono sempre più importanti per me, cosa che non credevo fosse possibile dato che già significavano moltissimo per me. E solo molto più tardi mi sono reso conto che stavo sviluppando un grande amore per il cinema. A mio avviso fra il 1967 e il 1982 abbiamo asistito all’età dell’oro del cinema statunitense e forse anche per il resto del mondo poiché fu proprio in quegli anni che le cose andavano per il verso giusto. I registi, attori, scrittori e produttori che facevano i film durante quegli anni sperimentavano molto più di quanto lo avessero fatto prima.

In quegli anni sembrava che, ogni settimana, uscisse un nuovo capolavoro. Ho molti ricordi di quei tempi. Vidi di nascosto “Taxi Driver” a 12 anni (dopo aver pagato per vedere “All The Presidents’s Men” (Tutti gli uomini del Presidente); marinai la scuola a 15, per assistere alla prima di “Apocalypse Now” al vecchio Town Theatre; nei fine settimana prendevo i vecchi e fedeli 107 e 142 dal centro di Renton fino al centro di Seattle per andare al cinema prima ancora di avere la patente; persi la proiezione del film dei Sex Pistols “The Great Rock’n’Roll Swindle” (La grande truffa del rock’n’roll) vietato all’ultimo minuto al pubblico; vidi “Citizen Kane” (Quarto potere) il giorno del Ringraziamento a 17 anni nella sala vecchia e piena di spifferi del Rosebud Theatre in Pioneer Square; nei fine settimana

sentivo da solo, al Renton Village Cinema, lo “Swinging Safari” di Billy Vaughn mentre aspettavo l’inizio dei film di Disney.

Naturalmente quando comprai il videoregistratore mentre stavo al Western Washington U, tutto cambiò. L’anno successivo, il 1985/1986, diventai il programmatore ufficiale del campus, avevo infatti una incredibile selezione di film. Il mio massimo successo fu di riuscire a portare a Bellingham le tredici ore e mezzo di “Berlin Alexanderplatz” diretto da Rainer Werner Fassbinder. E a quel tempo Bellingham fu la quarta città a proiettarlo. Portai anche “Lawrence of Arabia” (Lawrence d’Arabia), “Spinal Tap”, “Magick Lantern Cycle” (Lanterna magica) di Kenneth Anger, “3 Penny Opera” (L’opera da tre soldi) di Pabst, “Orpheus” (Orfeo) di Cocteau e “Spirit of the Beehive” (Lo spirito dell’alveare) di Victor Erice, film spagnolo del 1974 che mi piacque così tanto che rimasi in sala dalle 9 alle 18.30. E’ un film bellissimo che ho in videocassetta e che, ancora oggi, ritengo la più accurata analisi sull’adolescenza mai fatta fino ad ora, lasciando da parte tutti gli ALTRI argomenti trattati come il mito di Frankestein, il regno di Francisco Franco e la situazione della Spagna.

Credo che oggi stiamo assistendo ad un periodo particolarmente stimolante per il cinema grazie ai cambiamenti radicali sia di stile che in termini di budget apportati da registi come Matthew Harrison; le più importanti case di produzioni si stanno rendendo conto che i capolavori possono anche essere realizzati con quattro lire. Per eventuali domande, suggeriemti o idee per migliorare la sezione di cinema, contattatemi all’indirizzo email: malcolm(at)towerofbabel.com.

Saluti

Malcolm Lawrence   

Traduzione di Roberta Panizzoli - roberta.panizzoli@virgin.net

 

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