Il Sentiero del Nido della Traduzione

di Giulia Guarnieri

 

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Giulia Guarnieri discute delle sue interviste con il traduttore di Italo Calvino nonchè delle divergenze di vedute fra Calvino e Pier Paolo Pasolini sulla evoluzione della lingua italiana.

 

L'inizio degli anni '60 vide la partecipazione di scrittori ed intellettuali italiani all'ultima grande puntata del secolare dibattito in Italia sulla "Questione linguistica". Fra i partecipanti erano, ovviamente, Pasolini - il provocatorio promotore della discussione - , Vittorio Sereni, Elio Vittorini, Franco Fortini, ed Italo Calvino. Il dibattito toccò le problematiche centrali dell'evoluzione dell'italiano come la sopravvivenza dei dialetti, la proliferazione dei neologismi, la psicologia linguistica e la necessità di creare una lingua nazionale. Nel suo articolo del 1964 intitolato "Nuove questioni linguistiche" (pubblicato su "Rinascita"), Pasolini stabilì i parametri del dibattito. Questo scrittore, che aveva sempre negato l'esistenza di una lingua nazionale parlata, ora ammetteva seppur con riluttanza che una lingua nazionale parlata in effetti era nata, affermando che questa lingua creata di recente rifletteva il linguaggio tecnocratico ed industriale elaborato dalla società neocapitalista dell'Italia Settentrionale. Pasolini comprese che tale lingua, questo Koine, non era in grado di riflettere quella che egli descriveva come la diversità e la ricchezza dei dialetti italiani e del gergo popolare. Questo fu il suo commento:

"La lingua parlata è dominata dalla pratica, la lingua letteraria dalla tradizione: sia la pratica che la tradizione sono due elementi non autentici, applicati alla realtà ma non sua espressione. O, per dir meglio, essi esprimono una realtà che non è una realtà nazionale: esprimono la realtà storica della borghesia italiana che nei primi decenni dell’unità, fino a ieri, non ha saputo identificarsi con l’intera società italiana."

(Pasolini, Pier Paolo. Empirismo Eretico. Trad. a cura di Louise K.Barnett e Ben Lawton. Bloomington: Indiana University Press, 1988 4.)

La replica di Italo Calvino alle affermazioni di Pasolini (pubblicata in un articolo intitolato "L'italiano, una lingua come le altre") ne rivela tutto l'interesse per la questione. Pur dicendosi d'accordo con Pasolini sul fatto che "l'italiano medio è una lingua impossibile, infrequentabile" ("Common Italian is an impossible language, non easily accessible"), Calvino pose l'accento sul fatto di espandere i confini della scena linguistica usando la comunità internazionale come punto di riferimento. Usando come supporto alle sue argomentazioni il processo della traduzione, l' autore discusse dei limiti e delle possibilità della lingua italiana. Affermò che a contraddistinguerla era primariamente quella duttilità che aveva reso possibili splendide traduzioni (come ad esempio quella di Moby Dick a cura di Pavese). Questo vantaggio, purtuttavia, presenta degli inconvenienti. La letteratura italiana, quando viene tradotta, perde in parte quella che nelle parole di Calvino è la sua ‘essenza poetica. '

Da questo saggio risulta evidente tutto l'interesse di Calvino nei confronti della traducibilità della lingua italiana. Egli comprende quanto sia importante per tutta la produzione culturale (non solo nel settore letterario ma anche in quello politico, economico e scientifico) che essa sia espressa in una lingua traducibile con grande facilità. La sua opinione è che la letteratura e la ragione non dovrebbero essere limitate ai ristretti confini di una nazione, ma dovrebbero essere condivise con la comunità mondiale di lettori. Se tale processo non verrà posto in essere, ne conseguirà l'isolamento della produzione letteraria italiana. I romanzieri italiani non potrebbero essere letti in Europa, né potrebbero attraversare l'oceano alla ricerca di un più vasto pubblico di lettori. Calvino è dell'avviso che ogni espressione culturale debba essere sperimentata su scala internazionale attraverso la traducibilità. Naturalmente egli chiarisce che con ciò non intende dire che si dovrebbe scrivere pensando in una lingua diversa. Tuttavia, uno scrittore non dovrebbe sottovalutare l'importanza di far sì che le sue opere siano traducibili con estrema facilità in modo da assicurarne la sopravvivenza nello scenario letterario.

Secondo Calvino, come si può notare dai suoi saggi, è importante estendere il pubblico dei lettori in infinite direzioni. I codici linguistici dovranno, di conseguenza, moltiplicarsi ed attraversare sentieri ignoti per conquistare dei lettori la cui opinione è che le diversità nazionali fra culture e letterature ora rappresentino un ostacolo superabile. Il labirinto linguistico non rappresenterebbe più per il lettore un percorso privo di frutti, bensì un mezzo con cui sperimentare la ricchezza della lingua. Per gli scrittori, il regno delle potenzialità linguistiche e la comprensibilità della loro opera a livello internazionale dovrebbero sempre rappresentare unapriorità. Le lingue, secondo questo autore, sopravviveranno solo se si manterranno quanto più possibile comunicative. Calvino, che non è d'accordo con Pasolini, afferma che la formazione di un nuovo vocabolario tecnico e di una terminologia di precisione consentirà all'italiano di restare una moderna lingua europea. Pasolini resiste all'impulso della modernizzazione, mentre Calvino è aperto alla formazione ed alla creazione di nuovi possibili territori linguistici e letterari. Se la lingua italiana mira a sopravvivere e ad esprimere all'estero il suo spirito e la sua letteratura, è essenziale che si trasformi e si adatti ad una società postmoderna. Calvino si dedica al suo progetto ambizioso di creare una lingua che consista di codici linguistici precisi e concreti che ne aumentino la tranducibilità, pur mantenendone l' "essenza segreta". Come afferma nel suo saggio del 1965 dal titolo "L'antilingua":

"La nostra epoca è caratterizzata da questa contraddizione: da una parte abbiamo bisogno che tutto quel che viene detto sia immediatamente traducibile in altre lingue; dall’altra siamo coscienti del fatto che ogni lingua è un sistema di pensiero a sé stante, intraducibile per definizione. Prevedo che ogni lingua si concentrerà attorno a due poli: uno di immediata traducibilità nelle altre lingue con cui sarà indispensabile comunicare, tendente ad avvicinarsi ad una sorta di interlingua mondiale ad alto livello; ed un altro in cui si distillerà l’essenza più peculiare e segreta della lingua, intraducibile per eccellenza, e di cui saranno investiti istituti diversi come l’argot popolare e la creatività poetica della letteratura." 3 (la traduzione è mia, dal momento che questo saggio non è stato tradotto in Italiano)

Nelle due interviste che ho fatto al traduttore di Calvino, William Weaver, ho esaminato con particolare interesse l'idea di Calvino relativa all'essenza segreta della lingua e della sua traducibilità. Molti sanno come la popolarità di questo scrittore in terra americana è aumentata grazie alle splendide opere di Weaver, il quale comprende appieno i due punti che più interessano Calvino. In un'analisi da vicino delle traduzioni di Weaver ho riscontrato che egli è stato perfettamente in grado di mantenere ciò che Calvino intendeva dire con l'espressione ‘essenza segreta ' della lingua italiana, così come la sua comunicabilità a livello internazionale. Quando gli ho chiesto quale fosse l'aspetto principale della traduzione delle opere dello scrittore, Weaver ha risposto che quanti instradano gli studenti ad una corretta tecnica del tradurre dovrebbero insegnare che non si tratta di un compito scientifico, ma piuttosto di uno sforzo creativo. Egli spiega: "Le teorie non saranno d'aiuto nel fare una migliore traduzione quando ci si trova a tradurre un termine di Pirandello. Ad aiutare il traduttore sarà non tanto la teoria quanto la conoscenza dell'opera dell'autore, e sarà ciò ad insegnargli qualcosa sullo stile, il tono e la personalità di quest'ultimo." 4

Nella prima intervista che ho fatto a Weaver nell'estate del 1993 discutemmo delle opinioni dell'autore nei confronti delle traduzioni di Weaver, il quale rivelò che una delle ambizioni di Calvino era di poter tradurre i libri che aveva scritto. È comprensibile che la maggior parte degli scrittori senta l'esigenza di voler proteggere le proprie opere. Weaver si rese conto anche di ciò, e spesso sentì di essere in qualche modo un intruso. 5 "Gli sforzi di Calvino di scrivere in una lingua che consista di codici linguistici concreti e precisi si rivelano in tutta la sua produzione, specialmente nelle "Cosmicomiche" con la loro terminologia scientifica, o in "Le Città Invisibili", o in "Palomar", o in "Se una notte d'inverno un viaggiatore", con i loro immensi campi semantici prodotti da una letteratura di osservazione fenomenologica e collegati dall'alta frequenza di lessemi di percezione: "sguardo, fissare, osservare, seguire (con lo sguardo), scrutare, osservare, percezione, sorpreso (da uno sguardo)." ("Look, gaze, watch, follow [the gaze}, examine, observe, perception, surprised [by a gaze]").

È l'essenza linguistica di Calvino, ha commentato Weaver, che gli è stata di enorme aiuto nel tradurne le opere. Quando gli ho chiesto come avesse fatto a trattare così egregiamente i problemi posti da tutte le differenze tra i tempi passati dell'italiano, la risposta di Weaver è stata la seguente:

"I verbi in italiano sono tremendi; vi sono degli autori che non facilitano certo questo compito, anzi loro stessi fanno confusione con i verbi; questo non è certo il caso di Calvino ed Eco… ad esempio, con Gadda si perde forse il 40% o il 50%, le espressioni dialettali soprattutto, ma quello che rimane è talmente importante che è meglio avere quel poco che ci resta di Gadda che non avere niente. Con Calvino invece si perde molto meno, perché con scrittori colti come lui ciò che si perde non è il senso ma la poesia." 6 (mia traduzione dell'intervista a Weaver, pubblicata su " Italian Quarterly").

La seconda volta che ebbi la possibilità di parlare con Weaver presi in considerazione più specificamente l'ipotesi che Calvino potesse aver scritto direttamente per la comunità del mondo. Questo sarebbe il punto in particolare per quanto concerne i suoi commenti in un'intervista del 1982 con L. Venuti in cui Weaver ha osservato: "Con Calvino non è necessario conoscere la vita di ogni giorno in Italia perché i libri, quelli recenti in ogni caso, sono di rado ambientati in un' Italia reale e moderna. Penso tuttavia che con gli altri scrittori–ad esempio, con un romanzo come la Storia di Elsa Morante–se non fossi vissuto in Italia tutti questi anni, non sarei stato davvero in grado di tradurre il libro perché è così pieno di riferimenti ad avvenimenti ed a cose ed a modi di vivere che si sono avvicendati..…La vita in Italia ha subito profonde trasformazioni dai tempi della guerra." 7

Alla domanda se ritenesse che Calvino avesse scritto i suoi romanzi pensando in altre lingue Weaver ha risposto negativamente. Era d'accordo, comunque, sul fatto - sarebbe giusto dire - che Calvino vedeva se stesso non come scrittore italiano ma semplicemente come scrittore. Il traduttore ha aggiunto che, sebbene questo autore fosse molto difficile da rendere, le sue opere erano più traducibili di quelle di Gadda o Pasolini; questi due rimasero scrittori italiani anche quando vennero tradotti, laddove Calvino, già in italiano, era uno scrittore internazionale.

A proposito di ciò che secondo lui aveva reso Calvino più traducibile di Gadda o Pasolini, Weaver affermò che nello scrivere i suoi romanzi Calvino non usava il dialetto come elemento primario. La sua idea di incoraggiare la creazione di una lingua che evitasse il dialetto era una caratteristica che contraddistinse la fase Neorealistica della sua produzione. Nel suo primo romanzo, "Il Sentiero dei Nidi di Ragni", Calvino fece uso del dialetto e di fraseologie simili alla lingua parlata marginalmente, allo scopo di accentuare la dimensione realistica del romanzo. Ed ancora, l'autore sottolineò più di una volta quanto non gradisse usare il dialetto per la semplice ragione che, pur constatando la precisione e l'accuratezza delle espressioni regionali, egli le vedeva come dei limiti al potenziale ecumenico delle sue opere. Come egli stesso scrive nella Prefazione a "Il Sentiero dei Nidi di Ragni",

"L’altro grande tema delle discussioni critiche successive, il tema lingua-dialetto, viene presentato in questa sede nella fase primigenia del processo creativo: il dialetto raggrumato in macchie di colore (mentre nelle seguenti opere narrative ho cercato di assorbirlo tutto nella lingua, come un plasma vitale ma nascosto); una scrittura disuguale che ora s’impreziosisce, ora scorre così come viene, badando solo alla resa immediata; un repertorio documentaristico (modi di dire popolari, canti) che arriva quasi al folklore…" 8.

Calvino, Italo. The Path to the Nest of Spiders Trad. a cura di Archibald Colquhoun. New York, The Ecco Press, 1976 10

Così, in "Il Sentiero", Calvino fa scarso uso del dialetto in espressioni limitate che sarebbero in armonia con il momento storico dei protagonisti. Inoltre, egli trascrive i termini dialettali in corsivo, il che aggiunge un elemento di isolamento grafico nel contesto del romanzo.

Ritornando all'internazionalità di Calvino come scrittore, Weaver ricorda che solo di rado l'autore apportò modifiche alla versione italiana onde renderla più accessibile in inglese. Weaver afferma che Eco opera nella stessa direzione più spesso di Calvino e non ricorda che quest'ultimo abbia mai apportato considerevoli cambiamenti nella versione italiana dei suoi romanzi. Aggiunge tuttavia che Calvino era decisamente consapevole che tutto ciò che aveva scritto sarebbe stato tradotto immediatamente, ed era deciso ad usare una lingua che fosse sempre accurata e precisa.

Complesse metafore inserite in lunghi passaggi intervallati da pochi punti abbondano in Palomar, la cui traduzione si è rivelata oltremodo complessa per Weaver. La storia "La pancia del Geco" è scritta in paragrafi di otto e nove righi senza nemmeno un punto, e solo un traduttore esperto come lui avrebbe potuto mantenere la stessa punteggiatura. Alla domanda su come avesse affrontato questo problema stlistico Weaver ha risposto:

"La punteggiatura italiana è assolutamente pazzesca. Una mia amica ha scritto un libro a tal proposito dal titolo Ars punctuandi dove ha preso una pagina di Moravia e l'ha spedita a venti noti scrittori, tra cui Moravia stesso; e ognuno le ha mandato indietro una versione diversa dall’altra, incluso Moravia che ha cambiato la propria punteggiatura originale. In inglese ci sono delle regole molto più ferree, e io ho un senso molto sviluppato della punteggiatura, dato il mio upbringing molto rigido dal quel punto di vista ed avendo studiato molto il latino."

(mia traduzione della mia intervista a Weaver)

Calvino affrontò con particolare interesse la composizione delle Lezioni Americane perché le rivolse esplicitamente al pubblico americano. Weaver afferma che l'autore le scrisse, come egli stesso disse, in una lingua semi-traducibile; e di tanto in tanto era solito ritornare all'originale italiano per apportare delle modifiche che si adattassero meglio alla versione inglese. Calvino collaborò anche molto da vicino con il traduttore francese e quello spagnolo.

Non sarebbe stata una sorpresa per me se questo autore avesse scritto un breve racconto i cui protagonisti fossero delle parole che progettavano di intraprendere dei viaggi nelle diverse capitali del mondo. Consapevole da sempre di quanto fosse difficile tradurre, una volta si rivolse al suo traduttore dicendo "A Bill, un traduttore che è come un santo". Weaver ha rivelato di aver lavorato molto da vicino con Calvino e di aver spesso scambiato con lui suggerimenti su come tradurre una parola o una frase, ma tranne rare eccezioni lo scrittore non era solito modificare la versione italiana per adeguarla meglio a quella inglese:

"A volte i suoi suggerimenti erano davvero ottimi, ma a volte…no, non funzionavano proprio. Tra i due sicuramente ero io a conoscere meglio l’inglese, e quindi potevo capire quando una cosa funzionava o meno in inglese. A volte lui interveniva sulla parte italiana e cambiava la costruzione così da adattarla meglio alla versione inglese. " 10

"Io direi che l’effettiva simbiosi avviene con questa ‘lingua internazionale’ che ha la sua radice nel terreno della ricerca scientifica e I suoi centri di espansione nelle sale di comando di torri di controllo, in ogni specie di stanza dei bottoni. I conservatori, con rammarico profondo, possono vedervi il prevalere dell’inglese o dell’americano. Ma si nota subito la vitalita di altre forme, non escluse forme di parole italiane, che emergono a livello internazionale, anche se I fenomeni sono osservati unicamente in superficie alla maniera dei condervatori."

Facendo uso di una lingua estremamente comunicativa, Calvino ha saputo proiettare la sua lingua nel villaggio globale postmoderno costituito da una molteplicità di lettori potenziali. La consapevolezza della problematica linguistica rappresentò un problema centrale nella sua poetica. Secondo lui, gli scrittori dovrebbero mirare a conservare l'essenza speciale della lingua italiana edificando la base della sua "internazionalità". Come commentò in un sondaggio del 1965 dal titolo "Lingua e Società":

"Direi che la simbiosi in atto nella cosiddetta "Lingua internazionale "ha le radici nel settore della ricerca scientifica ed il suo centro di espansione nelle sale di comando di torri di controllo - in qualsiasi altra stanza dei bottoni. Gli intellettuali conservatori, con loro profondo rammarico, prevedono il prevalere di lingue come l'inglese e l'americano. Ciononostante si nota subito la vitalità di altre forme linguistiche, ivi incluso l'italiano - forme che stanno emergendo a livello internazionale, sebbene gli effetti siano visibili solo in superficie, proprio come volevano i conservatori."

Mi chiedo se Calvino sarebbe soddisfatto della direzione in cui sta andando la lingua italiana, e si potrebbe argomentare che egli non sarebbe entusiasta dell'evoluzione attuale dell' italiano contemporaneo. Nella sua ultima opera, "Lezioni Americane", egli afferma: "Mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile." ("It seems to me that language is always used in a random, approximate, careless manner, and this distresses me unbearably" - Calvino, Italo. Sei Promemoria per il Prossimo
Millennio. Trad. a cura di William Weaver. Cambridge, Massachusetts, 1988). Con i suoi sforzi egli mirò a creare una lingua di generosità internazionale in grado di generare una gran quantità di universi con lo stesso slancio creativo mostrato dalla Signora Ph(I)NKO, la pastaia che prepara tagliatelle, nelle Cosmicomiche "Tutto in un Punto":

In un vero scoppio di amore generale, dando nello stesso istante inizio al concetto di spazio e, per l'esattezza, allo spazio stesso, ed al tempo, ed alla gravitazione universale, ed all'universo che gravita, rendendo possibile l'esistenza di miliardi e miliardi di soli e di pianeti e di campi di grano e di signore Ph(I)Nko, sparse per i continenti dei pianeti, che impastano con braccia generose, infarinate e lustre d'olio; e proprio in quel momento ella ha perso, e così noi, che ne piangiamo la perdita." 13

Così come noi, naturalmente, piangiamo la perdita di Calvino.

 

Traduzione di Maria Lamkin lamkin@uni.net

 

 

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