Passa il Sale

Yves Jaques

I miei PR, Benhurst e Sampson, hanno sostenuto che è il modo migliore per raggiungere le masse. Vi ho creduto. Vantavano un elenco impressionante di clienti, un gigante di bibite, dei produttori di scarpe da ginnastica e uno tra i partiti politici più rappresentativi. Questi tipi radevano le curve. Inarrestabili. Vi ricordate della pubblicità dei preservativi passati in prime-time? Sicuro, non sono rimasti a lungo, ma che razza di colpo. Dietro c’era la Benhurst e Sampson. Se non fossero riusciti loro a migliorare la mia immagine, non ce l’avrebbe fatta nessuno.

Sembrava il mio tiro migliore, l’acciarino in una campagna orchestrata con cura per presentarmi sotto una luce nuova, più favorevole. Era appena uscita la mia autobiografia scritta da fantasma, i critici di varie riviste nazionali avevano riesaminato in profondità sia la mia vita che i miei tempi; ero riuscito addirittura a fare in modo che due politici chiave facessero delle allusioni al mio profilo mal compreso.

Sì, questa sarebbe stata la serata. La pietra miliare. Io, l’ospite di riguardo allo show televisivo di maggiore spicco. La chance per mettere in mostra la mia merce. Già da mesi i professionisti dei media Benhurst e Sampson lavoravano su di me. Ero lucido. Ero tonificato. Ero colmo di un sorriso vincente e zeppo di risposte attente e astute. Nessuna svista per alcun dettaglio. Gli esperti mi hanno fatto un taglio di capelli da conservatore e mi hanno vestito in un grigio ottuso, delicatamente accentuato dalla cravatta sgargiante all’ultimo grido. Mi hanno fatto limare e incapsulare i denti, e hanno perfino invitato un fisioterapista due volte alla settimana per attenuare l’andatura claudicante che mi trascino dalla caduta.

In questo momento, naturalmente, il mio personaggio è leggendario. Secondo solo alla mia grande nemesi, l’uomo che più di qualsiasi altro è responsabile di avermi trascinato nel fango. Il conduttore dello spettacolo calcolava di riuscire a provocarmi, farmi guizzare nella rabbia. Gli esperti lo avevano già previsto. Hanno fatto venire in aereo da Chicago un’équipe di dirigenti dell’ira perché svolgessero il proprio lavoro su di me. Come li ho odiati. Era il loro accordo, capite. Rendermi tanto furente da farmi debordare dai limiti, e questo mi dava un nuovo livello di furore estremo. Così nessuno sarebbe riuscito a sconvolgermi più di tanto.

Infine, eccomi qui, in piedi sulle ali. Il mio fisioterapista mi sta praticando lo Shiatsu all’ultimo minuto mentre un consulente mi sussurra nell’orecchio, "Ricordati, resta calmo. Ci si gioca tutto nel momento in cui ci si presenta. Lo stile, nient’altro che questo. Se sembri rilassato, tutti crederanno tu abbia la coscienza pulita."

"Ma se non ce l’ho."

"Lo so. Ancora meglio. E’ sufficiente tu sia staccato."

Riesco a udire il conducente, "E ora signore e signori, abbiamo un ospite la cui fama è tale che non ha bisogno di alcuna presentazione. Un uomo il cui nome per molti è sinonimo di diavolo. E’ qui con noi questa sera nel tentativo di difendere il suo passato e per far trasparenza sul suo nome. Un cordiale applauso al Sig. Satana!"

La folla inizia ad battere le mani in modo forsennato. Un suggeritore mi tocca la schiena ed entro a grandi passi e con padronanza sull’ampio palco illuminato a giorno. L’anfitrione, occhialuto e dai capelli grigi, selezionato dalla Benhurst e Sampson per le sue ben note aspirazioni liberali e l’immagine paterna, si avvia nella mia direzione e mi incontra al centro del palco. Mi porge la mano e io la scuoto in su e in giù con effusione. Grazie alla mia ditta di PR, so tutto di quest’uomo, i suoi biscotti preferiti, il tipo di acqua di colonia che usa, perfino con chi dorme quando tradisce la moglie.

Indicandomi un posto a sedere vicino alla scrivania invecchiata con cura, il presentatore vi si accomoda dietro. Il silenzio è assoluto. Con una mano sugli occhiali, volge la faccia verso il pubblico, gli occhi serrati sulla camera dietro la folla. "Signore e signori, sono appena stato informato dal mio personale di servizio che in questo momento abbiamo raggiunto il più alto indice di ascolto nella storia della televisione." Si gira quindi verso di me. "Sig. Satana, mi spiace… è in questo modo che Lei viene riconosciuto?"

Sorrido con calore. "Ebbene, Paul, a dire il vero preferisco il Precedentemente Più Amato da Dio."

Smaniando di nuovo verso la camera, l’anfitrione strascica, "L’accento è sul ‘precedentemente’, immagino. Bene, Sig. Precedente, l’intera America ci sta guardando."

"Grazie Paul. Sono decisamente compiaciuto di avere un tale-"

"Dato che stiamo parlando del Suo precedente stato, ho una domanda che sono sicuro si profila grave nella mente del nostro pubblico questa sera. Sì, questa storia del ‘precedente’ ci porta proprio al limite – nessun equivoco, s’intende – di una questione di particolare interesse. Come fu che Lei e, ah… come fu che Lei e, sì, chiamiamolo L’Uomo del Piano di Sopra, come fu che voi due vi siete in effetti distolti dalla stessa via?"

Ora mi rendo conto, il tipo vuole essere intollerabile. Di solito davanti a un tale modo di fare divento un figlio di puttana – che tra l’altro mi ha comunque venduto l’anima un bel po’ di tempo fa – di norma a questo punto faccio del tipo per lo meno un eunuco, lo ficco in un coro di bambini o qualcosa di simile. Lo faccio cantare da castrato. Ma l’équipe dei dirigenti dell’ira alla Benhurst e Sampson mi hanno davvero aiutato. Sono distaccato. Sono calmo e raccolto.

"Bene, Paul," rispondo, "sono estremamente felice tu mi chieda questo. E’ naturale che l’unico esemplare di archivio-"

"Lallà, grandi parole. Parli in italiano. Per favore."

"Mi scuso. L’unico documento sopravvissuto della mia caduta dalla grazia è un antico testo storico di dubbia autenticità. Sono proprio soddisfatto di essere qui questa sera, Paul, per fare luce sull’evento."

Riesco a vedere il presentatore lanciare un ghigno agli spettatori con un’espressione in faccia del tipo: non-crederete-a-costui. Ma non sono ancora incazzato. Affatto.

"Fu un giorno triste davvero," continuo. "Sai come i piccoli fraintesi e così via possono iniziare da niente, ghiribizzi della personalità. E in un qualche modo le opinioni triviali divergono in enormi diversità. Prima di rendercene conto, parole poco piacevoli volano in giro. Per esempio a un marito non va il modo in cui la moglie gli inamida le camice. Una cosa da nulla. Poi inspiegabilmente, un giorno, dopo vent’anni di camicie inamidate, esce dai gangheri, litigano, gli avvocati si mettono di mezzo e in un nonnulla sono divorziati. E ancora una volta il punto cruciale è che sono troppo orgogliosi per sistemare tutto."

Il presentatore sorride in modo aperto alla folla. "Ehi, riesco a ritrovarmici pure io," dice grattandosi la parte dietro della testa, la sua mossa caratteristica. "Basta chiederlo alla mia ex-moglie."

Il suggeritore fuori dal raggio della camera alza di colpo il cartello vistoso con scritto "RIDERE", e gli spettatori rispondono come impartito.

Quelli della Benhurst e Sampson mi hanno istruito bene. Aspetto il momento di attaccare. Resto in attesa di parlare fino a quando la risata si attutisce ma non si è ancora spenta.

"So bene che questo potrebbe sembrare curioso," dico infine, " data l’importanza oltre misura che è stata data alla storia dal tempo, ma tutto è iniziato da uno sporco porta sale."

"Un porta sale?"

"Proprio così. Un porta sale."

La risata s’innalza di nuovo. Penso che forse sono piaciuto. Forse non sono proprio tanto cattivo dopo tutto. Il presentatore si pulisce gli occhiali con un fazzoletto facendo finta di buttare indietro con le palpebre le lacrime dagli occhi.

"La prego continui Sig. Precedente. Questa è roba affascinante!"

"Grazie, Paul. Ebbene, probabilmente come di certo già sapete, quando l’Anfitrione del Paradiso si siede al tavolo per il pranzo, è un tavolo maestosamente lungo. Non sto parlando dei dodici discepoli e di un paio di puttanelle randage, ma dell’intera Armata del Paradiso. A questo punto l’Onnipotente aveva sempre questa cosa da fare al tavolo, penso che oggigiorno lo si chiami un tour di potere, un modo per mostrare agli Arcangeli chi è il capo. Catena-del-comando-e-tutto-"

"Allo stesso modo in cui c’è il Presidente e c’è il Gabinetto," interferisce il conduttore.

"Esatto."

Il conduttore sta davvero ascoltando. Anche il pubblico è tranquillo. Grazie Benhurst e Sampson.

Continuo. "Penso il paragone collimi, Paul. Immaginatevi questo." Mi giro verso gli spettatori, li colpisco con un sorriso distinto pieno di denti diritti e incapsulati, molto Pepsodent. "Tutte le sere il Presidente si siede al tavolo con il suo Gabinetto. Lo chef della Casa Bianca ha preparato e insaporito tutto seguendo le sue minime richieste."

"Solo un attimo. Cosa, voglio dire, che cosa Lei e gli Invitati del Paradiso mangiavate quando eravate in Cielo? Sappiamo che presso i greci c’era l’ambrosia e il nettare, ma il Buon Libro è abbastanza silenzioso a questo proposito."

"Importa forse sapere?"

"Penso che il pubblico del nostro studio avrebbe piacere saperlo. Questo è il tipo di roba che rende una storia come la Sua credibile, riporta tutto al lato pratico, tanto per farmi capire. Preparate forse del Thai? Barbecue alla cima di nuvola? Che cosa?" Smania in direzione della camera ancora una volta.

Do un’occhiata alla folla. Inizio a sentirmi un po’ annoiato. Ma guardate un po’ quelle mucche lì. E’ questa la gente che cerco di convincere? I tipi della Benhurst e Sampson mi hanno avvertito di non fare attenzione alla folla. "Pensaci," hanno sottolineato i professionisti dei media, "chi ha tempo di andare a vedere questa roba dal vivo? Volare fino a L.A. e perdere un paio di giorni, e per cosa? Il pubblico sarà pieno di perdenti. Contaci. Te ne deve importare di meno. Tu stai giocando per Jack e Jill, a casa dal loro 9 a 5. Fregatene del pubblico. Recita per le telecamere." Allora continuo.

"A Geova piace la carne. Forse per via di tutti quei sacrifici. Gli piace. E’ fondamentalmente un uomo di carne e patate, bistecca alla tartara, cheeseburgers, cotolette, un tipo per nulla complicato. Devi solo stargli alla larga."

Il conducente sta facendo ancora facce al pubblico. "Mi spiace interromperLa di nuovo proprio nel bel mezzo della storia. La prego, continui." Sghignazzi srotolano dal pubblico.

"Grazie. Allora, come stavo dicendo, lo chef della Casa Bianca ha preparato e insaporito tutto secondo il palato Presidenziale, ma cosa fa lui? Che fa lui ogni sera!" Pesto con forza il pavimento con la gamba lesa. Un dolore lancinante. Maledizione qualcosa ha schioccato nel ginocchio. I professionisti dei media stanno gesticolando selvaggiamente fuori scena, muovendo esageratamente le labbra, "Staccato! Freddo!" Guardo di nuovo il conducente nel momento in cui si strofina ancora la parte dietro della testa.

"Posso comprendere che questo sia difficile per Lei," dice ponendomi una mano rappacificante sul braccio.

Sto per continuare la storia quando noto queste teste di cazzo nell’ultima fila che mi fanno dei segni a forma di toro – be’ sapete, il mignolo e l’indice ritti sul pugno chiuso. Gli italiani lo chiamano ‘il cornuto’. Tutti hanno i capelli viscidi e unti e hanno indosso queste magliette da concerto rock con ben visibile ‘Il Numero della Bestia’. Che razza di fessi. I miei adoratori. C’è forse da meravigliarsi se cerco di addottorare la mia immagine?

Comunque, sto per continuare la mia storia quando il conducente dice, in parte a me, in parte al pubblico, "Mi spiace, ma dobbiamo passare la pubblicità. Molte grazie Sig. Satana. E’ stato un grande piacere averLa questa sera allo show. Mi spiace ma siamo completamente fuori tempo. Signore e signori, porgiamo al Precedentemente Primo Angelo del Paradiso un caloroso applauso!"

Il suggeritore fuori dal raggio della camera alza un altro cartello che dice, "APPLAUDIRE", e il pubblico obbedisce, con quello che è più di un applauso solo gentile, ne sono certo. Un altro segnale dal fuori scena e siamo usciti dalle telecamere. La mia storia sbudellata dalla pubblicità. Il conducente si china su di me e in un sussurro cospiratore, dice, "Penso che questa sera tu sia arrivato davvero da qualche parte. Mi spiace si sia dovuto tranciare così il tuo spazio, però gli indici al segno dei cinque minuti stavano precipitando a punta di naso. Penso che tutti ci aspettavamo qualcosa che avesse più a che fare con le razze. Qualcosa con maggior richiamo. Delle pizzzze." Si gratta la parte dietro della testa. "Per non parlare della troupe che è riuscita ad atterrare all’ultimo minuto, il marito la cui moglie è appena stata assassinata e alla quale hanno strappato il feto non nato dal ventre. Mi hanno detto che il bambino è stato rapito vivo dai sequestratori impazziti! Dio mio! Gli indici trapasseranno il soffitto!" Fa una pausa per riprendere fiato. "Proprio non potevamo passarlo, vecchio mio. Andrà meglio la prossima volta. Sei stato grande!"

Mi guizza lo stesso sorriso che ho praticato negli ultimi mesi mentre un paio di suggeritori mi affrettano verso l’uscita dal palco. Penso ancora una volta di farne un eunuco, però attento, devo pensare alla mia immagine. Non riesco a crederlo, in ogni caso. Questa è una città rozza. Non sono neppure riuscito a finire la mia storia. Non ce l’ho fatta neppure a dire a tutti come sono stato scalciato dal celeste perché non ho passato quel maledetto porta sale.

Yves Jaques yjaques@tiscalinet.it