Capitolo 9, Parte C

Ora sai

 

"psssssst" sussurrò Estrelica.

"psssssst"

"mmmm"

"psssssssssssst"

"mmmmmmm"

"Stai dormendo?"

"mmmmmmmm"

"Dormendo troppo per un caffè?"

Vic d’improvviso saltò fuori dal letto ed Estrelica lo seguì mentre tutti e due si avventurarono di nuovo nella stanza davanti chinandosi come spigolatori nel raccogliere l’uno i vestiti dell’altra.

"Whoa, guarda cosa ho trovato." disse Vic sollevando la gonna di Estrelica.

"Sì, guardo cosa ho io." rispose Estrelica tenendo in alto i pantaloni di Vic. Si vestirono l’uno nei panni dell’altra ed erano abbastanza contenti di come se li sentivano addosso. Non perfetti, ma perfetti abbastanza. Estrelica entrò in cucina per preparare il caffè mentre Vic trovava una cassetta da ascoltare.

"Allora, non lavori o che fai?" chiese Vic.

"Non oggi, è sabato per me. Lavoro alla Scuola Superiore Garfield nel Reparto degli Studi Indipendenti. Il programma è per i ragazzi che non frequentano la scuola, o perché scazzeggiano troppo in giro o perché devono lavorare a tempo pieno o perché sono troppo fuori di testa per andare a scuola. Allora lavorano a casa. Sono la responsabile e valuto il lavoro e faccio da tramite con gli insegnanti e tutto il resto. E’ un peccato che forse non andrà avanti perché non sappiamo se ci saranno fondi per l’anno prossimo. Ma é stata comunque una buona esperienza. Quattro giorni alla settimana, il che é abbastanza e ho scambiato il mio turno con un’altra ragazza che é in tribunale tutta la settimana."

Il campanello suonò ed Estrelica andò a rispondere per trovare Nicholino e Marcel con un mucchio di basilico.

"Ne avete portato un bel po’!" fece Estrelica tutta contenta.

"La mamma non ne aveva allora siamo andati a prenderlo alla co-op. E’ abbastanza?" chiese Nicholino, porgendolo a Estrelica.

"Si, è un mucchio." disse Estrelica mentre andavano tutti in cucina.

Marcel camminava dietro a Vic e disse "Ehi, gangster, hai un SKS? Uno di quei fucili d’assalto fighi cinesi?"

"Be’, sì, penso di sì. Vuoi che lo usi per sbatterti fuori un fico dal dente?" sorrise Vic diabolico.

"No, non un fico. Forse un melograno." rispose Marcel.

"Non penso ci siano melograni, ma se ne trovi uno, ti mostro quello che so fare."

"No, non voglio."

Nicholino e Marcel si bisbigliarono qualcosa, poi scomparvero nel bagno di Estrelica per alcuni minuti prima di venire in cucina l’uno con indosso i vestiti dell’altra. Nessuno dei due disse una parola e in silenzio aspettarono che Estrelica e Vic vedessero il loro nuovo abbigliamento. Estrelica fu la prima a notarli dall’angolo degli occhi e si appoggiò a Vic.

"Penso abbiamo dei gemelli."

Vic si girò ed emise un rumore stridulo e bizzarro che fece arrossire Marcel e schiantare Nicholino con lui.

"I tipi sono PESSIMI." Disse Vic.

"Si, forse... e allora." Fece Nicholino di rimando.

Vic prese il posto di Estrelica con il caffè mentre lei si accingeva a preparare il pesto. Marcel l’aiutava mentre Nicholino lavava le tazze, prendeva dei piatti e si sedeva al tavolo della cucina.

"Oh, Nicholino, dì alla tua mamma che ho finito la fotografia ma non sarò in grado di dargliela se non tra qualche giorno perché è nel portabagagli di Casey. E che l’ammontare totale è di qualcosa come due dollari." Disse Estrelica.

"E’ una bella foto?" chiese Nicholino.

"Sì, non e venuta tanto male. Avevo dei dubbi, ma invece è abbastanza buona."

"Di che fotografia parli?" chiese Vic.

"La loro madre voleva un ritratto di famiglia e mi ha chiesto se potevo farglielo, allora siamo andati tutti in spiaggia una sera quasi all’imbrunire, e ho pensato che sarebbe stato di gran lunga troppo scuro per riuscire a sviluppare qualcosa, ma ci sono queste ombre proprio fredde dietro di loro, e Marcel tiene le braccia in alto come un mostro, e si potrebbe giurare che davvero ci sia un mostro dietro di lui."

"IO SONO IL MOSTRO DELLA SPIAGGIA," ringhiò Marcel mentre Vic si accucciava e rabbrividiva dalla paura.

"No, non lo sei. Sei solo un fratello stupido." Ghignò Nicholino.

"No-o. Sono tua sorella ora." Disse Marcel mentre cercava di fare il meglio per civettarla nel suo vestito.

"Ehi, Strel, sai cosa è successo alla mia sciarpa di seta?"

"Oh, si, ce l’ho ancora. Amo quella sciarpa."

"Be’, puoi tenerla per un po’, ma la prossima settimana andiamo dalla nonna e la mamma vuole indossarla."

"Pensavo te l’avesse data."

"Sì, è vero. Ma, non riesco mai a metterla."

Estrelica si rivolse a Vic, "E’ un tipo di seta che sembra rossa e nera ma quando la tieni in alto verso il sole cambia colore."

"Lallà." Rispose Vic.

"Allora, gangster, come ti chiami?" chiese Marcel.

"Vic." disse Estrelica.

"Sei mai stato alla Cascate del Nord?" chiese Marcel a Vic.

"Sì," rispose Vic. "E’ il mio luogo preferito in tutto lo stato. C’è stato un tempo quando un amico mio ed io siamo andati su con un gruppo geologico. Tutti gli altri dovevano farlo per la scuola, e invece a me è capitato di andare con loro, e ci siamo accampati in questo campo vicino alla Diga Diablo, e in qualche modo mi sono trovato ad essere il conducente di uno dei grandi furgoni che avevano, allora portavamo tutti in giro per la zona. Abbiamo conosciuto delle ragazze, poi abbiamo guidato fin su a una di queste cime tardi una notte e ci siamo sdraiati in cima al furgone per osservare tutti i satelliti e le stelle cadenti. Poi abbiamo guidato giù per la diga. Era circa l’una del mattino e non c’era nessuno attorno. Neppure i guardiani. E se salti da un cancello, poi scendi la prima scala, poi salti un altro cancello e vai giù per una scala ancor più lunga, ECCOTI proprio dentro la diga stessa, e abbiamo corso tutt’intorno e siamo arrivati al punto in cui l’acqua viene sparata fuori; ma era tutto chiuso, allora siamo andati a vedere oltre i bordi le rocce sotto e parliamo di più di buoni due trecento piedi. Pauroso."

"Sì, siamo stati lassù un paio di giorni fa e abbiamo girato attorno alla diga. Penso sia una gran diga. Una gran diga dannata." Affermò Marcel.

"Sì, è una gran diga dannata." Echeggiò Vic.

"Ragazzi, fate qualcosa oggi?" Estrelica chiese a Nicholino e Marcel.

"Non lo so. La mamma deve preparare delle cose per la vendita delle pulci, allora penso dovrò aiutarla." Disse Nicholino.

"E’ a casa ora?" chiese Estrelica.

"Sì."

"Forse vado da lei per vedere se posso mettere delle cose che non mi servono con le vostre. E’ da un po’ che voglio disfarmi di certa roba. Ma il vostro garage non è abbastanza grande per la vendita…"

"Oh, non sarà a casa nostra. E’ il gruppo di sostegno per il quale la mamma lavora che fa la vendita in una qualche chiesa." Rispose Nicholino.

"Oh, okay." Rispose Estrelica.

"Puoi lasciar uscire Helen?" chiese Marcel.

"Sei grande abbastanza da farlo da solo, cerca però di non cadere. Usa la sedia." Disse Estrelica, riferendosi all’atto di liberare l’uccellino.

"Oh, ehi, Vic, sai niente di biciclette?"

"Sì, che c’è"

"Sai come aggiustare i freni?"

Estrelica rise tra sé, mentre Vic le lanciava un’occhiata.

"Be’, non è proprio la mia specialità, ma penso di ricordare cosa non devo fare."

"Bene, perché ho i freni fin troppo molli."

"Bene, portala qui e vedrò cosa posso fare."

"Non ora, però. E’ quasi pronto." Disse Estrelica.

Estrelica e Marcel finirono di fare il pesto ed Estrelica buttò le conchiglie in acqua mentre Vic finiva di riempire una brocca verde enorme con un faccione contento e i piedi in fondo di caffè e la mise sul tavolo. Vic pescò qui e lì nelle sue tasche che erano indosso a Estrelica per le sigarette e si sedette al tavolo ad accenderne una. Nicholino ritornò in cucina con il cappello a cilindro in testa, quello che Estrelica aveva cercato di trovare la notte prima.

"Howdy," s’intrufolò Nicholino.

"Howdy backatcha," rispose Estrelica. "Dove l’hai preso? Ce l’ho messa tutta a trovarlo ieri sera."

"Era dietro la finestra dell’ufficio postale sul pavimento. Era ben coperto dal baule." Rispose Nicholino.

"Ecco quello che ha ancora pochi colpi rimasti," ricordò Estrelica a Vic.

"Ho visto un colpo." Disse Nicholino.

"Sì, anch’io." Disse Marcel.

"Dai, pensi che anch’io potrò vedere un colpo?" Vic supplicò Estrelica.

"Vuoi mostrargli un colpo, Nicholino? Ti ricordi come farlo?"

"Sì, mi pare di sì."

Nicholino strinse il cappello forte tra le mani e gli diede un colpo mentre Vic si chinava in modo che lei riuscisse a conficcarglielo in cima alla testa. Vic era contentissimo e si sedette diritto sulla sedia e stirava i muscoli della faccia e del collo per assomigliare a un debuttante. Lento si girò verso Marcel.

"Quello non è il cappello di un gangster." Disse Marcel.

"Hai azzeccato giusto. Questo è il cappello di un mago." Disse Vic.

"Fai un trucco per noi." Disse Marcel.

"Okay." Vic si mise la sigaretta nel centro della bocca, la capovolse in bocca cosicché l’estremità accesa era in bocca mentre faceva uscire il fumo dall’altra parte alcune volte, poi la capovolse di nuovo nel modo giusto.

"Sì, questo trucco non è proprio male." Disse Estrelica.

Per tutta la colazione, mentre i quattro giocavano e mangiavano e parlavano, Estrelica continuava a guardare Vic facendosi alquanto impaziente. Nell’ascoltare le storie che raccontava a Nicholino e a Marcel e nell’osservare i trucchi che faceva per loro, si sentiva una semplice spettatrice del suo pubblico. Non è che le importasse che le luci della ribalta fossero su di lui, ma si chiedeva, in tutta onestà, se mai si sarebbero visti ancora.

Rincorse nella mente gli avvenimenti del giorno prima e riusciva a vedere solo la forza di Vic. Benché lui provasse ostinato ad auto-condannarsi o a umiliarsi, era in grado comunque di metterla in culo al mondo intero e lo sapeva, pensava lei. Anche lei ne era succube, il che le lasciava un eco vuoto nel cuore. Per che cosa aveva bisogno di lei? Era sicura che lui aveva un amante in ogni città, o se non l’aveva sarebbe stata solo una questione di tempo e poi avrebbe fatto sfavillare gli occhi e sarebbero arrivate tutte correndo. Si chiese perché era sempre tanto insensibile con il proprio cuore infatuandosi di vagabondi senza meta che sempre le dicevano "Vieni con me" e va bene, in effetti scrivono, alcuni di loro, a volte, ma... Pensava a J. Dove e s’immaginava dove loro tre avrebbero potuto viaggiare insieme.

Pensava a come sarebbe stato possibile stare con lui fino a quando sarebbe partito; avrebbe potuto viaggiare con lui; perfino sposarlo come lui aveva suggerito e avere tutti i benefici del viaggiare e vivere in Europa senza dover stare con lui o addirittura senza vederlo, o per lo meno questo era quanto aveva detto. L’unica cosa che la spaventava era che in effetti forse era tutto vero. Avrebbe potuto funzionare.

I quattro avevano finito di mangiare, Estrelica e Vic si bevevano una tazza dopo l’altra di caffè fino a quando svuotarono quasi l’intera brocca verde felice, e Nicholino e Marcel ritornarono a casa dalla madre per vedere cosa stava facendo. Vic si alzò per iniziare a lavare i piatti quando Estrelica si ricordò che il telefono era ancora staccato dalla notte precedente e si recò nella stanza davanti per riconnetterlo, nel frattempo implorando Vic di sedersi e di non fare i piatti. Vic obbedì e iniziò a leggere il giornale che era sul tavolo della cucina davanti a lui. Estrelica ritornò in cucina.

"Ehi, ascolta questo. Laggiù in Sudan, dove hanno appena avuto il colpo di stato, queste due persone erano sposate, ma l’uomo era in una casta più alta nel sistema e la moglie in una più bassa, allora hanno obbligato il tipo a sparare alla ragazza con il suo fucile."

"Vic..." sussurrò Estrelica.

"Sì." disse Vic, alzando gli occhi dal giornale.

"... Non ti posso più vedere."

Vic non rispose.

"Ho pensato alla giornata appena trascorsa e, voglio dire, mi piaci e tutto il resto, e voglio che siamo amici, ma è tutto qui, okay?"

Vic ascoltò Estrelica, sapendo molto bene che non aveva alcuna ragione di sentirsi in questo modo, ad eccezione forse che si rendeva conto di quando qualcosa era troppo per essere vero.

"Allora... dovrei portare gli occhi da qualche altra parte." Disse Vic.

"Questo probabilmente sembra proprio strano, eh?"

"Bene, sai come funzionano queste cose. Potrebbe accadere qualsiasi cosa."

"Ti ho fatto male?"

"Non ti conosco abbastanza bene perché tu possa farmi del male. Non è neppure un giorno che ci conosciamo. Non mi hai fatto del male."

"Bene."

Vic si alzò per fare i piatti.

"Non devi farlo." Lei disse.

"Va bene." Ribatté mentre iniziava a lavarli.

"Ho detto che non devi farlo."

Vic si allontanò dai piatti e diede un’occhiata a come era vestito.

"Mi immagino che dovremo cambiarci i vestiti allora, eh?"

Estrelica annuì mentre tutti e due andavano nella stanza davanti, iniziavano a togliersi i vestiti e a indossare i propri. Una cappa di silenzio piombò su di loro mentre Estrelica ancora non riusciva a credere a quello che aveva appena detto e a comprendere perché lo aveva detto. Vic non riusciva a sostenere il silenzio e disse la prima cosa che gli venne in mente.

"Hai molto da fare oggi?"

"Sì. Devo vedere il padrone di casa, devo andare a prendere la macchina... questo, quello e quell’altro."

Vic annuì.

"E tu? Cosa devi fare?"

"Svanire, penso. Fa rima con Vic... o per lo meno c’è una V."

"Per quanto resti in città?"

"Fino a quando qualcuno ha bisogno di me."

Estrelica si scrollò di dosso il commento come un altro indovinello di un semplice buffone.

"Be’, sai dove vivo ed ecco il mio numero di telefono," lei disse mentre lo scriveva veloce su di un pezzo di carta.

"E... Voglio che tu abbia questo." Estrelica mise una mano in tasca e diede a Vic il suo San Cristoforo.

"Ma, potresti averne bisogno presto." Disse Vic.

"Tu ne avrai bisogno prima di me."

"Grazie."

"Va bene." Lei disse, dandoglielo.

"Forse non ho provato con abbastanza convinzione."

"Abbastanza convinzione? C’è più persuasione in un solo sguardo tuo di tutte le parole mai proferite della maggioranza della gente, e per tutta la mattina, e per tutta la notte io..."

"... Sììì... Cerco solo di entrare nei capelli della gente e di stare lontano dalle loro vie."

"Per favore non star mai lontano dalla mia via. Non ti voglio perdere... ma, non ce la faccio proprio a sostenere questo, ora. Mi capisci?"

"Si, già, sicuro."

Aprì le braccia per accoglierlo, e i due si abbracciarono per un minuto con le teste l’uno sulla spalla dell’altra. Vic la teneva mentre guardava la stanza davanti e cercava di memorizzare quanto possibile prima di riuscire a partire. Aprì la bocca per dire qualcosa.

"Non dirlo." Estrelica lo fermò nel momento in cui lei chiudeva gli occhi più che poteva. Vic si liberò.

"E’ meglio vada via. Ti vedrò in giro." Disse Vic sottovoce.

"Sì, stai bene." Disse Estrelica avvicinandosi alla porta per aprirla, poi assicurandosi di chiuderla a chiave appena fu uscito.

 

Estrelica e Vic, Capitolo 10

Vetri e Fiamme