Capitolo 8

Lui si tiene sulle sue

 

La luce di tre candele ora pozzanghere

di cera, Estrelica e Vic nella vasca mal udivano

ciò che l'uno diceva all'altra tra gli spruzzi dal moto

delle gambe nell'acqua. Estrelica scosse la testa sott'acqua e Vic

la seguì per restarsene immobili e riapparire alla superficie insaponati

e indistinti. A Vic vennero i brividi e quindi riempì d'acqua il bagno fino in cima

nel momento in cui Estrelica notava i nei sulla schiena di lui come le linee di Praga.

Lei lo inquadrò in modo perfetto con gli occhi e traspose l'intero momento nella pietra,

si spostò per toccargli il pomo d'Adamo e lui si lasciava andare sulla schiena e lei pensava

tra sé come nulla perduri. Se aveva venticinque anni, per quale ragione le sembrava di averne

solo cinque? Niente e null'altro importava ma come si sarebbe potuto inserire tutto in un

bacio figurarsi un'intera vita? Un'intera vita, figurarsi un bacio.

"... Trovo semplicemente che tutti sono completamente complicati e tanto completamente loro stessi che si può dire molto di qualcuno in un giorno come in cinque anni. Nel corso del tempo si vengono a sapere più storie e allora si riesce a sapere in modo più sottile come gli altri reagiscono a qualcosa, ma in effetti non vi è alcuna differenza. E quello che si potrebbe perdere della complessità al primo incontro, lo si colma nel tempo. Ma all'inizio si viene in un certo senso spinti verso chi gli altri sono." Disse Vic.

"E penso che se si giunge al punto da rendersi conto di quello di cui uno ha bisogno e di cui non ha bisogno, allora va bene. Ma bisogna essere disposti a permettere loro di essere quello che sono non ha importanza se ti offendono, se in effetti ci si sente offesi, fino a quando si riesce a vedere esattamente chi erano da bambini, e quello che benedicevano e ciò che maledicevano è in sostanza lo stesso. Penso che la vita di tutti stia nel tentativo di vedere se si riesce a far fronte a se stessi come se si fosse ancora bambini. L'età umilia tutti." Disse Estrelica.

A turno presero dei sorsi dal fiaschetto che Vic portava alla cintura e che aveva riempito di porto prima di essere arrestato.

"E la tua vita?" lei chiese.

"La mia vita è il tentativo di vivere quello che ho già sognato. Così non posso che ridere sempre in quanto fa sempre e solo parte del sogno. E’ che quando tutto è possibile, nulla viene realizzato. La mia libertà è giunta al punto che, quando provo a me stesso che posso fare qualcosa, perdo interesse in quella cosa. E ora che i miei sogni non sono più sogni lo sforzo implicito per renderli reali diviene quasi superfluo perché li ho sognati in modo tanto vivido che ne assaporo la realtà, o per lo meno ne immagino tanto bene le ricompense e le conseguenze implicite che non vi è più alcuna motivazione effettiva per continuare con quello che ho intrapreso. Penso sia la stessa cosa con l'amore. Tutti hanno una fantasia tanto personale e particolareggiata che non lascia alcuno spazio a quello che non si sa o all'inatteso, che tutto quello che si mostra anche lontanamente dissimile da quello che si è immaginato, diviene irreale. Non riesco a trovare nessuno che si lasci amare. Tutti vogliono farlo da soli e sono intimoriti di condividere o di rivelare alcunché se non per mera autodifesa. E' una giungla là fuori... ma, c'è qualcosa di più là fuori della semplice giungla."

"Non pensi questa sia solo una reazione con i denti che digrignano alle realtà spietate di questo rozzo nuovo mondo? E lo strano senso di comunità degli erranti solitari uniti solo dal fatto che non hanno bisogno di nessun altro. E l’unico modo in cui la loro emozione si mostra è quando un capro espiatorio prefisso viene individuato nell’effettivo bisogno di qualcosa di fronte agli altri, ed è pubblicamente umiliato solo perché piange." Estrelica disse.

"Sì, e ti immagini cosa attraversa le menti di coloro che hanno appena fatto da testimoni a un’esecuzione e se ne sono rallegrati. Tirano fuori tutta la rabbia e la frustrazione sfogandole su questo straniero, ma dopo non si ricordano più nulla. E’ solo un riflesso emotivo. Tutto quello che si portano via è solo un palpito monotono nella parte posteriore della testa. Ma l’intera questione di tutto è vedere fino a che punto si riesce a reggere; per quanto tempo si può osservarli ciondolare senza ammalarsi con violenza. Metterlo via come un caso di liquore cattivo che brucia lo stomaco, ma mai lasciare che ti prenda, e io, lascio che le cose mi prendano." Disse Vic.

"Come dovrei vivere?" lei chiese.

"Tenersi asciutti e lontani dai bambini. L’ho visto su di una scatola di svedesi. Penso si adatti."

"Perché non hai una dimora fissa?"

"Perché non ho nient’altro di meglio da fare del mio tempo e quando mi fermo a pensare cosa potrei farmene del tempo, trovo che riesco a fare tanto spostandomi da un posto all’altro come se fossi sistemato. In realtà perdo molto di notte. Ma quello che perdo di notte lo riguadagno il mattino."

"E cosa perdi di notte?" lei chiese.

"La perseveranza. Di notte a volte mi sembra sia di troppo, ma arrivato il mattino guardo le mie cartine geografiche e m’intossico nel trovare un posto al quale voglio recarmi, quindi lavoro come un pazzo per andarci. C’è un prezzo genuino da pagare per vivere in questo modo, e a volte incroci persone che veramente non capiscono che se ti fermassi, il cuore morirebbe e semplicemente marcirebbe nel modo più insopportabile."

"E’ da molto che voglio fare quello che fai tu, ma non so. Mi piacerebbe molto vedere l’Europa, ma dovrei preoccuparmi dei permessi di lavoro."

"Dovresti sposarmi. Ho un Passaporto Britannico."

"Oh, sicuro."

"No, sul serio. Se mi sposi potresti lavorare in qualsiasi stato del Mercato della Comunità Europea di tua scelta. Se vuoi viaggiare con me, bene. O se vuoi andare a lavorare in culo al mondo in Italia, allora ti rincontrerò da qualche parte. Una mera proposta di affari. Potrebbe essere un regalo di compleanno prima del tempo, o altro."

Estrelica pensò per un minuto, quindi sussurrò.

"Ma, io non ho niente da darti."

"Dai, vieni via, non voglio niente. Forse un po’ di compagnia, ma è proprio tutto."

Estrelica pensava a J. Dove Dixon, poi pensò a Vic, poi pensò ai suoi sogni che stavano morendo veloci, e al mondo che desiderava vedere che moriva ancora più veloce. Pensò ancora qualche secondo mentre Vic prendeva qualche sorso dal fiasco. Proprio mentre stava per terminarlo si fermò in tempo per lasciarne un po’ a lei.

"Vuoi il ragno in fondo?"

Lei prese il fiasco e ne ebbe abbastanza da lasciarne ancora un po’ per Vic.

"Ho solo preso il corpo, le zampe sono tue."

Vic buttò il resto nel fiasco giù per la gola mentre Estrelica sussurrava "A chi ti rivolgi?"

Lui ingoiò quello che restava del porto e raggiunse il bordo della vasca per collocare il fiasco delicatamente sul pavimento.

L’acqua si era fatta notevolmente fredda e tutti e due cercavano di soffocare gli sbadigli. Estrelica tirò fuori il tappo dallo scarico con le dita dei piedi attorno alla catena, raggiunse Vic dal dietro di una vecchia sedia in vimini, aveva preso un asciugamano mentre si alzava. Iniziò ad asciugarsi e Vic le si avvicinò per aiutarla e lasciò che l’asciugamano gli cadesse nelle mani. Quando lei si sentì abbastanza asciutta prese l’altro asciugamano sulla sedia, se lo avvolse attorno e si diresse alla porta. Si girò veloce nel momento in cui Vic stava per asciugarsi e sussurrò "E ora non prenderti un accidente di raffreddore."

Vic sorrise e sussurrò di ritorno, "Te lo prometto."

Quando Vic ebbe finito, ritornò nella stanza di Estrelica, lei era già a letto con una candela accesa proprio a lato. Giaceva sullo stomaco con le braccia piegate sotto la testa in direzione della finestra sulla parete destra. Vic silenzioso chiuse la porta della stanza dietro di sé mentre si arrampicava dal fondo del letto senza far rumore e si distese sopra di lei. Leggero pose le labbra sulle scapole di lei mentre lei lenta girava la testa per guardarlo. Qualcosa fuori dalla finestra la fece sussultare.

"Tieniti giù. Sono solo dei poliziotti in strada."

"Come fai a saperlo?" lei bisbigliò.

"I poliziotti sono quelli che ridono."

Vic notò un pezzo di tessuto che fuoriusciva da sotto il cuscino di Estrelica e lo tirò fuori, era la sua camicia da notte scozzese rossa e nera. Si sedette sul letto e mise le braccia nelle maniche, la raddrizzò e la tenne aperta di modo che lei vi infilasse le braccia.

"Cosa stai facendo?" lei chiese senza girarsi a guardare.

"Sto infilando un ago, ora alzati."

Estrelica si alzò mentre Vic la aiutava con la camicia da notte.

"Se fossi un centesimo, da che ponte mi tireresti, e che tipo di arco farei prima di sprofondare, e perché mi tireresti quando avresti potuto tanto facilmente tenermi per irrompere in una banca?" Estrelica disse.

"Compagni nel crimine?"

"Se la vita è un crimine, sì"

"Ti porterò fin dove vorrai. Naturalmente se vuoi."

"Be’, ti ho mostrato il posto che mai mostro a nessuno. La maggioranza di loro li devo bendare perché pensano di non esservi mai stati prima. Ma io mi giro solo quattro volte a sinistra e poi quattro volte a destra e loro credono di essere in effetti stati da qualche parte."

"Pagherò mille cammelli per te. Metterò pure un piccolo kebab sul fuoco. Puoi avere gli oceani che avrai completi anche della notte. Puoi perfino chiamarmi fratello."

"Ho sempre voluto una famiglia."

"Loro non sono quello si crede siano. Tutti questi milioni di fratelli, tuoi e miei, con diamanti negli occhi e vite sulla linea. Dimenticali. Desidera solo me."

"Non lavoro bene tra le folle."

"Sì, a scuola mi dicevano sempre che davo il meglio quando ero indipendente. E’ naturale che nessuno li ascoltasse, eccetto me."

"Come sei fuggito?"

"Nello stesso modo in cui sei fuggita tu, penso. Tenendomi stretto su ai tralicci con ogni dente possibile attaccato ai chicchi d’uva."

Dovette ammettere che lei stava giocando bene la sua mano, e sperava nell’inferno di non doverla vincere.

Lei sapeva che lui aveva amato ogni ritratto che mai avesse fatto e sperava lui lo ricordasse e che le mettesse le dita in bocca.

Quanto ci volle perché si riconoscessero? Per quanto tempo sarebbero restati lì? Nella posizione vergognosamente onorevole di fare il nido, l’uno nei capelli dell’altro?

"Ma se tu mai…" sussurrò Estrelica.

"Lo stesso vale per te…"

"Io…"

"A che ora ci dobbiamo alzare domani?"

"Nessuna alzata. Nient’altro che sonno. Il giorno non ha comunque bisogno di noi. Il sole semplicemente si sposta da un lato all’altro, poi su s’infila la notte e i camini allineati verso l’alto tutto intorno alla terra fumano fuori la fine in un colpo. Sei mai stato senza qualcuno per un po’?"

"Sì, e devo ammettere che la prigione era molto meglio. Per lo meno si aveva qualcosa per cui si deve aspettare, e qualcosa da mettersi alle spalle. Hai mai contato tutti i vecchi marinai che vedi? Mai notato che non ce ne sono più in giro?"

"Sì, ne ho ucciso la maggior parte solo standomene qui mentre passavano."

"Dimmi, qualcuno dice che ti ha udito cantare."

"Una canzone per qualcuno, un lamento per altri."

Una ventata passò sotto la porta della stanza e Vic cercò di raggiungere il gilet.

"Non pensi che posso riscaldarti?"

"Non dopo che le tue braccia si addormentano."

"Te lo dico io quando mi addormento."

"Promesso?"

"Come la mia mano che cade da questa gamba all’altra."

Vic tirò il piumino sopra loro due e il deserto del bianco brillò loro attorno e si presero l’uno nelle braccia dell’altro nella via più breve per la via più lunga a casa, allo stile di un caduceo, lo si comprende, vero. Estrelica pose lo sguardo sull’infinito mentre i polmoni si sistemarono in marcia ridotta. Vic pensò all’annuncio che aveva posto. Cercasi: Una foresta, una bacinella nera di cielo, un paio di maniche calde e una faccia da assorbirti, mosche che rimbalzano lontano dalla fronte, il tuono che ti fa inginocchiare, il ghiaccio che ti fa continuare, un fico di menta sulla lingua, e l’ultimo pane nero russo. Lo si può raggiungere subito perché sta traslocando di nuovo e ha bisogno di un posto dove buttare il letto. Non c’è bisogno che i candidati rispondano. Diciotto dollari con il bordo per appuntarli, ma si rese conto di non avere proprio alcuna possibilità.

"Sei sveglia?"

La sua testa non si mosse, respirava solo con armonia e veleggiava nei suoi sogni da sola. Vic strappò del formaggio e lo mise dietro sul collo di lei. Una granata di colpi la colpì dall’alto. Si svegliò con un sussulto e il sogno continuò senza di lei. Lui fece sorridere gli occhi come colombe e lei si trovò di nuovo proprio dove aveva sperato di essere. Vista, non osservata, e si stirò, toccando ambedue le pareti con le punte delle dita. Si incoronò qui. Qui è dove lei dormì. Dietro l’entroterra, non gli Adriondacks, solo sulla striscia che va da Eastleigh alla Nuova Scozia e poi di ritorno.

Vic iniziò a contare i capelli che riusciva a togliere senza che lei lo notasse, ma mangiò il formaggio dal collo di lei, invece.

"Cantami una ninna nanna," lei sussurrò.

Vic si ripulì il formaggio dal becco.

"Tutto quello che loro mai vollero tu sei

Pure orgogliosi di te sono quei due

Ma colui che più ti vuole

Ha solo un penny o due

Ma se solo una moneta getti

o fai guizzare un sorriso o due

forse solo uno sbattere di ciglia

e allora ballerà ancora una volta

e solo per te."

Lei chiuse gli occhi e sorrise, poi li aprì di nuovo e guardò il viso di Vic. Le lacrime iniziarono ad offuscarle gli occhi e gli mormorò.

"Non ho nulla da darti."

"Shhhhhhhhhhhhhhhhhh."

Lasciò che le parole di lei gli echeggiassero per la mente mentre chiudeva gli occhi, sul come potesse demistificarle, dirle che niente era esattamente quello che voleva, e che lei aveva tutto, ma che probabilmente avrebbe vissuto fino alla fine dei suoi giorni senza mai crederlo del tutto e senza mai tenere in conto di quante volte lo avrebbe udito o di chi avrebbe tentato di farglielo credere. Pensò a Gesù Cristo, il cui unico peccato fu quello di avere una bocca grande.

"Shhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh."

La prese tra le braccia e la baciò tanto da farle diventare la pelle rossa mentre lei gli metteva le braccia attorno e lo teneva il più stretto possibile.

"Dì il mio nome, dì solo il mio nome."

Vic fissò fuori dalla finestra un jet in lontananza che lasciava una linea di fumo dal lato ovest della finestra ad est.

La luce della candela tremò attirando l’attenzione di Vic che si mise ad osservava lo stoppino sciogliere l’ultima cera, scivolare dall’imboccatura della bottiglia e risplendere mentre scompariva in basso in fiamme fin giù sul fondo. Il bagliore riflesse le ultime poche gocce di ogni candela della stagione nel momento in cui si illuminava, scoppiava e penso si possa ripercorrere l’intero passo.

…estrelica… …Estrelica… …estrelica…

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Estrelica e Vic, Capitolo 9

Ora sai