Capitolo 7, Parte A

Il rifiuto di lei

 

Bevvero, raccattarono le loro cose e guadagnarono l'uscita. Il tempo non aveva compreso che stavano per andarsene e continuò a riversarsi a scrosci al loro avviarsi.

"Ti piacerebbe vedere delle cose che ho fatto? Sono vecchie, ma le conservo, penso quindi che mi piacciano ancora," disse Estrelica.

"Cosa sono?" lui chiese.

"Stampe. Faccio fotografie."

"Sì, sicuro. Anch'io potrei mostrati delle cose."

"Cosa fai?" chiese lei.

"Sculture in birra chiara," affermò con orgoglio, "ma a volte uso le pilseners e recentemente ho iniziato a usare le stouts."

Alzarono le code delle giacche per proteggersi dalla pioggia mentre si avviavano verso la casa di Estrelica attraverso i nastri neri e lustri della città. Vic udì per caso ciò che una coppia di passaggio stava dicendo che usava le code delle giacche per proteggersi e la ragazza faceva al ragazzo, "Ma non pensi che sia indicativo di una generazione? Voglio dire, con la guerra e tutto..." Vic si mise a ridere fino a svuotarsi nell'udire i tentativi di due amanti riluttanti di spingere il mondo nei loro piccoli boccali. Qualsiasi cosa per divergere l'attenzione dal fatto che in questa notte particolare, a queste persone era accaduto solo di essere l'uno con l'altra e che, sì, benché i punti sugli elenchi di ambedue fossero ben verificati, tutto quello che in realtà avevano in testa era di riuscire a dimenticare loro stessi per lo meno un’altra notte. Vic rise e Estrelica sapeva il perché. Estrelica rise e Vic sapeva il perché, e camminavano lungo il viale valutando ogni casa di fronte alla quale passavano per l'originalità dello stile, la manutenzione, l'amabilità della facciata, la possibilità di un barbecue, il livello di terrore all'arrivo di Halloween e l'eventuale proprietà dell'edificio. Passarono una vecchia casa di mattoni sulla 13esima e Aloha dove Vic disse che era infestata e in quel momento della notte Estrelica riusciva a comprendere il perché. Con una sola lampadina spoglia all'entrata che diffondeva una luce terrificante, Vic la guardò e disse che la casa contava oltre cento anni e che delle cose strane vi erano accadute, ma non volle dire nient'altro. Se ne allontanarono il più velocemente possibile.

Come iniziarono ad distanziarsene, Vic percepì qualcosa nelle viscere che aveva provato prima ma mai era riuscito a mettervi sopra un dito. La sensazione della velocità che cresceva sia nella mente che nel corpo. Era una percezione che a volte aveva troppa intensità per riuscire a dominarla. Aveva avuto la stessa sensazione altre volte per caso e mai aveva saputo isolare davvero le situazioni che gliel'avevano provocata. Sarebbe potuto essere la birra, sarebbe potuto essere la compagnia, forse l'entropia, o il sapere di avere i giorni contati, o il fatto di aver passato la maggior parte della vita a fuggire qualcosa o a rincorrere qualcosa, mai era riuscito a delimitare nessuna di tutte queste possibilità. Iniziò a girargli la testa nel momento in cui Estrelica cominciò a parlare. Sapeva che l'opporsi alla sensazione avrebbe provocato una qualche infermità e voleva comunque perdersi, così si lasciò cadere, e permise alle parole di lei di guidarlo.

Ascoltava le parole di lei, mormorando l'occasionale eh-heh per farle sapere che stava prestando attenzione, ma si trovò assorbito dal fluire della sua voce che appianava la giornata che stava terminando, che gli risultava tanto incomprensibile quanto perfettamente chiara. Pensava a così tante donne. Non alle donne di fronte alle quali si era umiliato, ma alle donne che si erano abbandonate sui gradini della sua entrata di casa sperando lui le prendesse, e lo strano breve strazio che percepiva quando sperava di riuscire a spiegare che per loro avrebbe cessato la violenza della notte, ma i suoi occhi erano troppo profondi per dare fiducia e lui lo sapeva. E quando scopriva che i suoi occhi ne attiravano altri che avevano tanto desiderato di vedere occhi come i suoi, sperava di riuscire a dire loro che se volevano fare la prima mossa, andava bene per lui perché lui sapeva troppo per guidarli oltre in quello che riteneva essere un semplice caso di mutua masturbazione. Ma comprendeva anche che a volte tutto é completamente diverso. A volte succedeva che forse in quest’occasione non sarebbe stato un rifiuto. Forse questa volta non sarebbe stata una pugnalata alla giugulare di ciò che vale. Forse questa volta sarebbe stato tanto delicato come il tendere su verso un albero di pere per uno schiaffo leggero e il solletico sotto il canovaccio del cielo.

Trascinato dalla voce di Estrelica, Vic riuscì a impossessarsi del tono che lei usava per informarlo che non doveva prendere la sua compagnia per garantita, che non doveva pensare a lei come a qualcuno che aveva conquistato, di non valutarla come una qualsiasi altra Mary con cinque dita, allora lui si ritirò nella coscienza e sbatté l’attenzione sui binari occupati dal treno di lei. Lei si rese conto dello stato in cui lui era mentre, anche lei, si trovava pericolosamente vicina al rannicchiarsi sotto la grondaia della casa successiva e a lasciare che la notte se ne andasse senza tutela alcuna. Ma si avvantaggiò dal fatto che per quanto fossero assurdi i propri pensieri, lui era troppi anni luce distante per dibatterli, così svelò un segreto dopo l'altro e pensava a voce alta e parlava di Vic davanti alla sua schiena finché non poté che ridere di quello che stava facendo e di come lui rispondeva. Vic, colto il segnale della risata, iniziò pure lui a ridere, il che la fece ridere addirittura più forte e lui infine comprese di essere deriso.

"Ma che grande idea è mai questa? Cos'è che mi sono perso?" lui chiese.

"Una canzone. Dobbiamo cantare una canzone subito. E' impertinente. O meglio, pertinente."

"Sì, sicuro, cantiamo una canzone. Va bene. Una canzone. Conosco delle canzoni. Mi piacciono le canzoni."

"Okay, sarà un blues. Lo inizio io."

Lui ti accompagnerà fino alla stecconata

e ti mostrerà quello che ha in mano

ti dirà tutto quello che vuoi udire

e di darà tutto quello che può

ahh, non c'è niente come un sacrificio

per ripulire a fondo il tuo vecchio vulcano."

Smise di cantare e si unì a Vic che faceva suoni con la bocca di accompagnamento quando si rese conto che aveva saltato l'inizio del verso successivo.

"L'hai PERSO. Ancora una volta."

"Ah, si'; scusami sai."

"ORA"

"Lui guida di notte con il Braille

ha l'intero mondo nelle mani

con una manciata di lingue idilliche

nessuno lo comprende

Ti immergerà i piedi nella lava

t'infilerà germogli di bambù tra le dita dei piedi."

Estrelica rise e continuò con il verso successivo.

"Lui si dipinse le corna come un alone

per le ali diede in pegno il forcone

spostò il suo compleanno da Natale

a un qualche giorno in primavera

una borsa con un tappeto magico in mano

e occhi che sapevano ingannarti il cuore"

Vic era infine tornato sulla Terra e si rese conto di cantare il blues che sempre lo svegliava. Era tutto pronto per il verso successivo.

"Be', tutti quelli che vedi

appartengono alla tua famiglia --"

Estrelica lo fermò.

"No, quella è una canzone diversa. Ha un ritmo diverso."

"No, è la stessa canzone: funziona; vienimi dietro."

Vic iniziò di nuovo.

"Be’, tutti quelli che vedi

appartengono alla tua famiglia

solo che c'è

tanta

gente

che non vedi

mai

che alcune di queste vecchie facce

ti scivolano dalla mente."

Estrelica la imparò, capì l'attacco e continuò.

"Ma si dovrebbe mentire per dire il vero

ci si dovrebbe togliere il dente profondo

da da da duh da duh duh da duh

oh, continua"

"Vuoi continui io?"

"No, faccio io. Suona... il tuo strumento."

Trovò il modo di ritornare alla canzone mentre Vic continuava a fare rumori con la bocca.

"ed è passato molto tempo

da quando trattavo con gente del tuo tipo

Te ne stai così lontano e poi mi dici

che sono cieca"

Vic si unì.

"Ora sei sullo sgabello alto

stai giocando con il boogaloo

oh, ci deve essere un luogo da qualche parte

che puoi chiamare scuola."

Il turno di Estrelica.

"Be', non mi ci sto sistemando

No, no, non è così

Striscerei per tutto il mondo piuttosto che riposare qui

sui cuscini."

"Stiamo cantando la stessa canzone?"

"Penso di sì" lei rispose.

"Be', cos'è questa storia di riposare sui cuscini? Io parlo di sgabelli e tu di riposare sui cuscini."

"Oh, giusto. Sì, ah, penso di averla PERSA." Sbottò lei.

"Oh, mia piccola testa di criceto, con quanta facilità sai farmi del male."

"Mia piccola COSA? Mia piccola TESTA DI CRICETO?" Estrelica voleva dargli un pugno, ma scoppiò a ridere tanto forte che tutta la sua rabbia svanì.

"Penso che la nostra canzone sia finita." Fece notare Vic.

"No, merda, Sherlock."

"Oh, e cosa abbiamo ora, qui? Il Maestro dell'Ovvio, forse?"

"La MAESTRA dell'Ovvio, grazie molte."

"Oh, la de dahhhhh, Maestra dell’Ovvio."

"Proprio quando pensavo di averti insegnato..."

"Eccoti ancora a parlare per enigmi. Cos'è questa cosa da istruiti'?" La spinse Vic. "Ah-ah-ah?"

"Si, una volta ti amavo." Estrelica sputò sul marciapiede.

"AL PASSATO? Oh, oh, puttana... vedrai che... oh, oh...?"

"Vedrai che cosa? Ah?"

"Oh, sei così carina con me e sono così carino con te e stiamo tanto bene insieme."

"Oh, Cristo, togliti dalla mia faccia."

"Senti, ti sentiresti davvero offesa se sposassi qualcuno esattamente come te?" Lui chiese.

"A-HA! Allora e' QUESTO ciò che stai cercando. Vuoi una mogliettina, ah? Be', ho delle notizie per te, ragazzino; da dove vengo non c’è niente di simile alle donne, solo tipi dalla pelle afflosciata."

"Va bene, tesoruccio; da dove vengo non ci sono cose come uomini; solo ragazze con le pistole."

Né Estrelica né Vic avevano fatto attenzione alla macchina che si era spinta fino a raggiungerli mentre camminavano. Proprio come nessuno dei due era riuscito a capire che tipo di suono fosse quello che era partito dietro di loro. La testa di Vic cadde all’indietro nel momento in cui la macchina si precipitava giù per la strada.

"FIGLI DI PUTTANA--" Vic mise una mano sulla bocca di Estrelica e la trascinò tra due case.

"Zitta. Abbassati." Bisbigliò severo.

"MA--"

"Stai solo zitta per un minuto."

"Vic ascoltò e attese fino a quando la macchina si era ben distanziata prima di ritornare sulla strada.

"Su, corriamo. Dov'è casa tua?" Lui chiese.

"Solo un po' più avanti; al di là dell'isolato e oltre quegli alberi."

Vic si sfregò il collo con forza con la mano e diede un'occhiata alle dita, temendo vi fosse del sangue.

"Cristo. Ho udito quella cosa passarmi giusto tra le orecchie, come in stereofonia."

"Li conosci?" Lei chiese.

"Al diavolo no. Quella era solo una scorribanda."

Vic si tolse il fazzoletto a colori vivaci che aveva fasciato al ginocchio e lo gettò in strada.

"Ciao ciao piccola cosa rossa da ginocchio. Piacere averti conosciuto."

Estrelica si chinò per raccoglierlo e lo buttò in borsa mentre superavano gli ultimi isolati verso casa sua e iniziava a smettere di piovere.

Vic notò qualcosa nel mezzo della strada che assomigliava a un cumulo di muschio, ma solo quando vi si avvicinò vide che era una specie di roditore da giardino che era stato investito e lasciato lì a morire.

Estrelica fece un gesto per indicargli che erano di fronte a casa sua mentre prendeva le chiavi dalla borsa per girarle nella serratura e Vic apriva la porta. Benché fosse buio, Vic riuscì a capire che era una vecchia casa statale in arenaria rossiccia probabilmente di settanta o ottant'anni che sarebbe potuta sembrare tanto statale come lo era in effetti stata se non per il fatto di essere stata divisa in appartamenti anni fa e, di conseguenza, l'andare e il venire degli affittuari transitori avevano sì contribuito al mantenimento generale della casa, ma solo in proporzione al tempo che avevano progettato di vivervi.

La casa era quasi circondata da pioppi con piccoli ritagli di prato ad ambedue i lati che si estendevano fuori vista, e una spaziosa stradina asfaltata che portava a un porticato intasato di bidoni di pittura, un barbecue e vecchi giornali.

"Questa casa ha un nome?" lui le chiese.

"L’agio dei cuori," lei sussurrò aprendo la porta.

  

Estrelica e Vic, Capitolo 7, Parte B

Il rifiuto di lei