Capitolo 15

Per sempre tu sia in pace

 

Un’ora e mezzo più tardi, la Gibson House era abbastanza quieta da individuare chi entrava, ed Estrelica vi arrivò per trovare Vic al tavolo mentre leggeva un libro. Estrelica lo raggiunse e gli chiese se aveva chiamato il giudice conciliatore.

"Sì, dovremo andarci abbastanza in fretta."

"Okay, ma abbiamo tempo per lo meno per UN giro." Lei disse andando al bar e portando di ritorno un vodka gimlet per ognuno.

"Cosa sai delle stelle?" chiese Vic.

"Perché?"

"Be’, sto leggendo di questa stella che è stata scoperta da due persone nello stesso momento, a c’è un enorme processo in corso se debba essere chiamata 51267-Page o 51267-Perrin. Penso che nessuna delle parti ceda." Disse Vic.

"Oh, non so nulla di questo. Pensavo tu parlassi della migliore stagione per piantare i pomodori o qualcosa di simile."

"Pomodori?"

"Mettili in un riparo temperato e attorcigliali ai puntoni quando l’estate è finita. Sarai sorpreso."

"Tutto qui?"

"Funziona sempre con me."

Una delle cameriere, una vecchia eccentrica melliflua di circa 52 anni con i capelli gialli elettrici ripulì il tavolo mentre gli occhi di Vic si spinsero nella scollatura che la sua divisa metteva in mostra.

"Quelle cose lì sono in affitto?" Chiese ridendo.

"Be’, se gli affari non migliorano presto, potrebbero proprio esserlo."

Ambedue risero ed Estrelica continuò, "Se qualcosa non migliora presto."

"A che ora arriva il tipo cieco? Quello che suona l’organo?" Chiese Vic.

"Oh, non per alcune ore ancora," la cameriera.

"Dobbiamo ritornare," sostenne Vic.

"Oh, suvvia, un tipo cieco?"

"Per lo meno non si perde mai. Aspetta solo ad udirlo cantare."

Finirono i loro drinks e s’incamminarono verso gli uffici del giudice conciliatore, passarono Jason bloccato nel traffico e lo convinsero a fare da testimone, con Jason che per tutto il tempo sapeva che lo stavano prendendo in giro. Nel momento in cui arrivarono agli uffici, Vic pensò al cappello a cilindro di Estrelica, ma continuò a camminare. Estrelica pensò alla gonna che indossava e fischiettò tra sé. Jason si chiedeva quanto questa piccola scappatella sarebbe durata perché aveva una chiamata in mezz’ora.

Dopo una breve serie di presentazioni e di saluti e di formulari da riempire e di cose da ascoltare che ambedue si erano immaginati avrebbero dovuto sentire, furono condotti in una piccola stanza con degli armadietti per gli archivi che cedevano arrugginiti, con ventilatori rotti su tutte e due le finestre e una piccola scrivania che era stata sottratta a una scuola elementare locale con NIXON ORA, MCGOVERN E’ UNA VACCA scarabocchiato sopra di traverso con un gigantesco Magic Maker rosso. Il giudice si sedette dall’altra parte della scrivania e aprì di scatto il registro, prese una penna dorata dal portapenne sulla scrivania, scarabocchiò alcuni segni neri e lo girò di modo che potessero firmare.

 

Ash, Estrelica Cheree 5 dicembre, 1967

905 18th Avenue 206-

Seattle, Washington 98112

 

Blacker, Victor Carey 14 febbraio, 1964

6125 Sand Point Way 206-526-6507

Seattle, Washington 98115

 

Estrelica si sporse in avanti per vedere quello che aveva scritto.

"Vic, non raccontare loro bugie." Lei sussurrò.

"Cosa?"

"Il giorno di San Valentino?" disse contrariata.

"Deve essere stata una notte calda di maggio."

Il giudice si mise della pittura di guerra sul viso, sprofondò le dita in una tazza di caffè bianca piena di zucchero, s’arrabbiò con la penna dorata, cercò di accendere uno dei ventilatori rotti che sputò faville e cadde sul pavimento scalciando lame ovunque, diede un colpetto affettuoso a Estrelica sulla testa, una gomitata alle costole di Vic, usò ambedue le mani per scuoterne una di Jason, augurò loro tutti una buona giornata e li lasciò soli nella stanza perché doveva ritornare al lavoro, chiudendo la porta dietro di sé.

"Ora, aspetta un minuto." Farfugliò Jason. "Cosa ho appena visto?"

"Un passaporto che cambiava di mano," sorrise Estrelica.

"E un paio di firme e di numeri." Finì Vic.

Estrelica guardò Vic cercando di non sorridere. Vic sorrise a Estrelica cercando di non guardarla.

"Be’, sapevi sarebbe successo."

"Okay, Jason, vuoi portarmi all’aeroporto?" chiese Vic.

"Questo è proprio troppo." Jason disse passandosi la mano tra i capelli.

"Oh, finiscila e avvia il contamiglia." Rise Estrelica.

"Sentite, voi due sarete al Comet questa sera?" chiese Jason.

"Potrebbe anche essere." Sogghignò Vic.

"Bene, potremo incontrarci lì allora? Ho una chiamata in cinque minuti."

Jason diede a loro due un abbraccio e se ne andò per ritornare al lavoro mentre Vic si sedeva sulla scrivania dello stato civile con un sospiro. Estrelica lentamente si spostò verso di lui mentre lui apriva le ginocchia e lei gli metteva le mani alla vita.

"E’ tutto verso il basso d’ora in poi, lo sai vero," Estrelica mormorò mettendo le labbra su quelle di Vic.

"Verso il basso e guadagnando velocità," mormorò Vic con le due lingue in bocca.

Lei sapeva che non poteva dirgli ciò che in realtà era, e lui sapeva che doveva tenere alcuni indirizzi giù ben nascosti nel portamonete, ma si baciarono comunque come pavoni, aprirono una finestra e se ne andarono dall’edificio ridendo.

 

Estrelica e Vic, Capitolo 16

La costa è chiara